Se Parolario “riabilita” la fedina penale…


Tra i ricordi sparsi in tema di lezioni di diritto penale ricordo bene l’espressione stigma penale cioè il peso, le conseguenze sociali, le pene non scritte che l’aver commesso un reato porterebbero in capo al colpevole: vergogna, isolamento sociale, pubblica disapprovazione fino, nei casi più gravi, la “condanna” a venire reietto dalla società intera.

Oggi questa funzione non scritta e secondaria della giustizia pare aver perso completamente incisività. La dimostrazione  la riceviamo ogni giorno constatando la presenza mediatica di svariati personaggi dalla fedina penale non certo immacolata. Anzi la presenza su tv, giornali e rotocalchi e le comparizioni pubbliche sono diventati il lavacro purificatore di ogni torbido passato.

Fatta questa premessa dispiace constatare che a questa prassi “riabilitativa” non vuole sottrarsi nemmeno il Lario,  e lo afferma attraverso il programma dell’edizione 2010 di Parolario, il tradizionale appuntamento librario in piazza Cavour dove troviamo tra gli invitati personaggi discussi e controversi della recente e recentissima storia italiana.

Massimo Ciancimino, figlio del contestatissimo sindaco di Palermo e esponente di Cosa Nostra Vito, condannato a 5 anni e 8 mesi di reclusione dal tribunale di Palermo per il reato di riciclaggio con riferimento alla gestione dell’ingente patrimonio (si parla di diverse decine di milioni di euro) illecitamente accumulato dal padre. A Como presenterà il libro Don Vito scritto con Francesco La Licata nel quale ricostruisce gli intrecci tra mafia e politica della vita del padre.

Renato Vallanzasca, forse il volto più noto dell’Italia a mano armata degli anni ’70, autore di svariate rapine, sequestri, omicidi ed evasioni che gli hanno costato una condanna complessiva a 4 ergastoli e ad un totale di 260 anni di reclusione. Una vita senza dubbio spregiudicata e avventurosa raccolta nella sua autobiografia che sta presentando in questi mesi Il fiore del male.

Ma se Ciancimino jr. e “il bel René” porteranno la loro esperienza di vita personale (che tutto sommato potrebbe essere un esperimento storico interessante) quello che proprio non riesco a capire nè sopportare è vedere tra gli invitati il sen. Marcello dell’Utri, che vanta dalla sua un curriculum invidiabile.

  • Condannato l’11 dicembre 2004 dal tribunale di Palermo a nove anni di reclusione con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa con la pena accessoria a due anni di libertà vigilata, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il risarcimento dei danni (per un totale di 70.000 euro) alle parti civili, il Comune e la Provincia di Palermo. Pena confermata in appello a sette anni di carcere l’imputato per concorso esterno in associazione mafiosa per i fatti accaduti sino al 1992. La corte d’appello, con questa sentenza, ha ritenuto che Dell’Utri intrattenne stretti rapporti con le vecchie organizzazioni mafiose di Stefano Bontade, Totò Riina e Bernardo Provenzano sino alla stagione delle stragi di Falcone e Borsellino.
  • Ha patteggiato la pena di due anni e tre mesi di reclusione per false fatture e frode fiscale nell’ambito della gestione di Publitalia ’80 a Torino.
  • È stato condannato in primo grado a Milano a due anni di reclusione per tentata estorsione ai danni di Vincenzo Garraffa (imprenditore trapanese), con la complicità del boss Vincenzo Virga (trapanese anche lui). Sentenza confermata in appello il 15 maggio 2007 e poi derubricata nel 2009. Il 28 maggio 2010, però, la Corte di Cassazione ha stabilito la riapertura del processo, riconoscendo come “contraddittorie” le conclusioni del verdetto della Corte d’Appello milanese.

La recentissima inclusione tra gli indagati della presunta P3 è il fiore all’occhiello di una carriera notevole. Il senatore sarà in piazza Cavour a presentare il libro dedicato ai suoi presunti diari di Mussolini, testi che il politico sostiene di aver ricevuto dagli eredi di un partigiano ma sulla cui autenticità hanno sollevato forti dubbi numerosi storici e persino bollati come falsi da Sotheby’s già nel 1980.

Di qualunque cosa venga a parlare trovo davvero disgustoso e inopportuno che una persona condannata in secondo grado per collusioni con gli ambienti mafiosi, che una persona che ha intrattenuto rapporti stabili con i Riina, i Mangano, i Bontade, i Virga e altri nomi che fanno accapponare la pelle, una persona che ha espressamente definito Mangano un eroe per aver resistito alle domande dei magistrati, una persona che ha pubblicamente ammesso di utilizzare la politica come protezione dai suoi problemi giudiziari venga invitata ad un evento pubblico come se la responsabilità dei fatti a lui attribuiti (quelli accertati e quelli imputati) non contino nulla, come un qualunque altro cittadino. Quello che parlerà alle 17 del 30 agosto non sarà un semplice cittadino. Non lo è e non lo si potrà considerare tale.

E’ un segnale sbagliato, un pericolosissimo segnale di riabilitazione che sballa quel senso di giustizia che dovrebbe, soprattutto in momenti delicati come quello che sta affrontando il nostro Paese, essere tenuto in massima considerazione e che dovrebbe consigliare di usare la massima cautela. Anche a coloro che organizzano una semplice manifestazione letteraria.

11 pensieri su “Se Parolario “riabilita” la fedina penale…

  1. Si risponderà che se il menu non piace, nessuno è obbligato a servirsi. Come se Parolario non fosse una manifestazione pubblica, come se non fosse presentata come il fiore all’occhiello di una città che ama sentirsi dire che anche questa è . Non credo che il problema sia avere questo rango di relatori, e nemmeno la platea compiaciuta che vorrà godere del piccolo brivido del palcoscenico nell’occasione della loro calata. Temo invece che il problema sia l’assuefazione di una città in cui ha peso l’articoletto di cronaca da libro Cuore, l’ergersi a sentinelle di un sentimento di appartenenza che non c’è più, senza accorgersi che Como è destinata a diventare una piccola città di provincia, senza alcun potere decisionale nemmeno su ciò che accade dentro i suoi confini, così che ha buon gioco il ministro Maroni a chiedersi che differenza fa nascere a San Fermo piuttosto che a Como. Già: a questo punto, locale per locale, che differenza fa?

  2. Niente da fare. Wp non permette caratteri utilizzati nelle marcature html. Il problema è che non ti avverte, omettendo tutto quello che legge come marcato, anche se nella preview compare. Insomma, quello che manca nel commento è questo: che ama sentirsi dire che anche questa è “cultura del fare”.
    Tutto qui.

    • Concordo con quello che scrivi ma lo ritengo “solo” una parte del problema. Sarà a causa della mia formazione ma ritengo che a fianco dell’assuefazione alla piattezza culturale ci sia l’assuefazione alla assoluta mancanza di cultura, nell’accezione più ampia del termine. è questa assenza che permetterà a tanti di andare a sentire parlare di Mussolini (ma potrebbe trattarsi di qualunque altro argomento) senza minimamente fermarsi a pensare che il relatore ha infranto svariate leggi dello Stato, alcune tra le più pericolose (connivenze con ambienti malavitosi, tentata estorsione) altre tra le più socialmente odiose (frode fiscale, truffa ai danni dello Stato).
      e’ l’altra dimensione della decadenza che descrivi nel tuo commento: quella culturale e sociale a livello nazionale.
      Sul fronte locale basta leggere una qualsiasi prima pagina per capire che siamo ben oltre la soglia di allarme.

  3. certo, si può accuratamente evitare di andare a sentire questi pretoriani del potere. tuttavia è un tristissimo tempo quello in cui hanno diritto di parola e – purtroppo – di pubblico di ascolto persone di tale miseria umana. persone che hanno impastato le loro biografie di sopraffazione e impunità
    ma siamo alle solite. è come per i terroristi: per trent’anni hanno contato più loro che le loro vittime.
    sembra proprio che per la cultura degli italiani i potenti e i malvagi siano le più degne persone alle quali tributare applausi
    quello che è ancora più terribile è l’impotenza della mia indignazione
    grazie per questo urlo di dolore politico
    Paolo Ferrario
    Como

  4. Trovo vergognosa la partecipazione di un personaggio come Marcello Dell’Utri al medesimo festival letterario che lo scorso anno ha invitato a parlare Pietro Grasso. Su Marcello Dell’Utri pendono due sentenze che lo incolpano per reati mafiosi. Credo che un festival letterario debba avere una linea precisa che contribuisca alla crescita culturale della città che lo ospita. Parolario deve decidere se il suo target sia rappresentato da Pietro Grasso o da Marcello Dell’Utri. Non è un dibattito sul nuovo romanzo italiano o sulle nuove tendenze della poesia contemporanea. E, si badi, non è nemmeno politica: le sentenze sono fatti e per quanto agli elettori del pdl possano dar fastidio, esse esistono ed esprimono una verità che fino ad oggi è stata confermata in due giudizi differenti. Si può poi aggiungere che filologi veri hanno più volte confermato come i diari in possesso del Sen. Dell’Utri siano dei falsi. Anche alla luce di questo invitare un condannato duplice per mafia a tener lezione su falsi storici rigurdanti il Fascismo è inaccettabile. La cittadinanza, o quanto meno la sua componente civicamente consapevole, deve interrogarsi e rispondere.

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